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Appunti di viaggio: Colori e profumi, il mercato di Sagada.

Una notte mentre dormivo il sonno dei giusti, nella strada sotto la mia finestra rumori e schiamazzi mi strappavano dal caldo abbraccio di morfeo con mio gran disappunto vista l’ora, circa le quattro del mattino, mi sono ritrovato a smoccolare sacramenti. Il cielo era ancora scuro e puntato di stelle da est a ovest segno che l’alba era ancora lontana, ma in strada c’era già frenesia sembrava un formicaio di contadini che si affrettavano ad accaparrarsi le posizioni migliori per esporre e vendere le proprie merci……visto che niente avrei potuto per fermare questo casino mi ributtai a letto cercando d’ignorare il gran caos che regnava fuori. Quando, qualche ora più in là, mi riaffacciai alla finestra il mercato era in pieno svolgimento………

#Sagada, #market

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Le voci dei venditori si mescolavano a quelle degli acquirenti, un microcosmo di colori dove tra una contrattazione e l’altra la gente si fermava per uno spuntino od una semplice chiaccherata. Armato della mia macchina fotografica mi sono tuffato in questo microcosmo assaggiando e odorando manghi dal profumo dolce ed intenso, mele piccole e dalla buccia rosa dalla polpa succosa senza contare noci di cocco ed enormi caschi platani e banane. Verdure e legumi di ogni taglia e colore aglio, cipolle e zenzero appena strappati dal ricco suolo e fagioli cornetti lunghissimi deliziosi e croccanti anche consumati crudi e mille altre varietà.

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In tutti i miei viaggi non ho mai mancato di visitare i mercati, dalla Thailandia alla Jamaica non c’è niente di più bello e colorato, ed il mercato di Sagada non è da meno l’ho trovato evocativo e soprattutto genuino e per dirla con una parola molto in voga molto slow food. In mezzo a questo caleidoscopio di persone mi sembra di tornare indietro nel tempo quando ero un bimbetto perennemente appresso alla gonna della nonna che girava annusando tastando scrupolosamente la frutta e la verdura che poi sarebbe finita sulla tavola nei meravigliosi pasti che quella santa donna preparava per una truppa di nipotini scalmanati e costantemente affamati come lupi. Se chiudo gli occhi mi pare ancora di scorgerla nella sua cucina indaffarata e di sentire  ancora il profumo di cose buone, quel profumo che sa di casa se capite cosa intendo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Appunti di viaggio: Sagada

Cercare di raccontare Sagada è difficile perchè non so come cominciare a farlo, condensare in poche parole sensazioni e suggestioni che questa cittadina che assomiglia ad un paesone con la sua gente cordiale e sorridente pronta ad offrire un sorso di tè caldo e due chiacchere o le lunghe passeggiate immersi nel silenzio in luoghi dove il tempo è un concetto relativo, un giorno può sembrare lungo un millennio ed un millennio può sembrare lungo un giorno. Venti che si gettano nelle vallate coperte di magnifici boschi ed alzano banchi fitti di foschia come se la notte le nuvole prendessero dimora in quelle foreste.

#Sagada

Gli abitanti di Sagada discendono da una antica tribù Applai, benchè convertiti a bastonate dai coloni al cristianesimo duro non hanno mai completamente abbandonato la loro tradizione animista ed ancora oggi se si è fortunati (o se si programma per tempo) si può assistere alle begnas ,una ricorrenza particolare che cade in un periodo tra metà ottobre ed i primi di novembre dove gli anziani del paese indossano solo un tanga e le anziane il tradizionale tapis si ritrovano in un dappai, sedili in pietra disposti a cerchio ed in centro un focolare dove vengono sacrificati polli, maiali e si suonano i gong e così facendo così si assicurano la benevolenza degli spiriti ancestrali per propiziare abbondanti messi e poi counque ci si abbandona alla festa più sfrenata. Ma la cosa che noterete di sicuro è l’estrema tranquillità e pace che regna nonostante il continuo afflusso turistico il motivo potrebbe essere anche perchè i locali coltivano e consumano cannabis? Chi può dirlo……io non ho visto neanche una piantina!!

#Sagada

Il primo giorno uscii dalla mia guesthouse di buon ora deciso a fare una bella passeggiata e solo dopo un’abbondante colazione mi misi in marcia senza alcuna meta particolare, ero guidato dalla voglia di esplorare aperto a tutto quello che avrei trovato sulla mia strada. Vagai per villaggi, risaie ed orti dove i contadini lavoravano alacremente mentre la giornata sembrava destinata ad un grigio piatto, la foschia che si alzava dalla foreste calava lenta e pesante sui campi avvolgendo tutto e tutti in un umido e freddo abbraccio finchè finalmente il sole fece la sua comparsa scaldandomi con i suoi caldi raggi.

#Sagada DSCN0785 

#Sagada #Sagada

#Sagada

Non so per quanto seguii la strada ma ad un certo punto era finita nel nulla, avevo due opzioni andare avanti e vedere dove sarei finito oppure tornare sui miei passi mi affidai al classico testa o croce con una moneta da 5 peso con il risultato di ripercorrere a ritroso i miei passi ma comunque senza fretta era così bello camminare con il rumore dei propri pensieri!!

Sulla via del ritorno feci una piccola deviazione verso le Lumiang burial cave alle quali si accede seguendo un sentiero abbastanza semplice da individuare in quanto si tratta di una lingua di sentiero asfaltata probabilmente perchè le autorità locali erano stufe di andare a cercare turisti fai da te dispersi. All’ingresso della caverna sono impilate almeno un centinaio di bare, alcune di queste hanno qualche centinaio di anni con incisioni primitive sul coperchio raffiguranti sagome di lucertole testimoni della tradizione animista ancora presente nella cultura della gente delle montagne, questo tipo di sepoltura era dovuta alla mancanza di terra da destinare a cimitero essendo tutta coltivata e la grotta serviva anche da immenso portale per l’aldilà dove l’anime defunta poteva trovare la via per la casa degli antenati attraversando le immense sale sotterranee immerse nell’oscurità.

#Sagada #Sagada

#Sagada #Sagada

#Sagada

Molti che si accingevano ad una escursione speleologiga sottoterra mi chiesero se volvevo aggregarmi ma una sensazione negativa mi trattenne dall’inoltrarmi in quelle tenebre eterne, mi sentivo un pò come Gandalf alle porte di Moria, solitamente non sono un fifone ne tantomeno superstizioso sono dell’idea che certi luoghi vanno lasciati al loro silenzio……..ma queste sono solo mie opinioni  e se qualcuno si sente di avventurarsi la sotto buon divertimento!!!

#Sagada

Appunti di viaggio: On the road to Sagada.

La piccola vacanza delle mie guide era giunta al termine, Jehan e Claudyl dovevano ritornare nella city per riprendere la loro quotidianità, non finirò mai di ringraziarle per la disponibilità e la amicizia disinteressata che mi hanno mostrato introducendomi in questa nuova avventura che anche se cominciata da poco mi aveva già regalato tante emozioni. Separate le nostre strade ero di nuovo solo, ho passato ancora un paio di giorni a bighellonare in spiaggia prima di trovare la voglia di rimettermi in strada e cambiare panorama. Davanti a me si snodava un lungo percorso che seguiva la costa della provincia di Zambales, attraversava la provincia di Pangasinan per entrare nella provincia di Benguet e fare tappa nella città di Baguio, la porta d’accesso alle provincie montane.

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Se programmate un viaggio nelle Filippine mettete in conto di passare tanto tempo in autobus, che rimane il mezzo più affidabile per raggiungere tutte le destinazioni, presa con pazienza e con parecchia filosofia può alla fine risultare anche piacevole. Dal mare alla montagna con lo sguardo puntato fuori dal finestrino cercando di cogliere immagini e profumi dai villaggi dei pescatori in riva al mare che lasciavano posto alle immense distese di risaie, piantagioni lussureggianti di mango banane e cocco, qua e la qualche vacca e qualche bufalo pascolano pigramente mentre la strada comincia a salire prima colline montagne fino a Baguio dove sono arrivato che oramai era notte, stanco dalla lunga giornata mi sono trovato un piccolo rifugio non avavo un gran interesse nel cimentarmi nella visita della città nonostante che Baguio viene considerata il punto d’incontro tra la cultura delle basse Filippine e la cultura animista delle tribes che ancora vivono a nord. Avevo voglia di perdermi nelle foreste e ammirare quelle vallate dove la paziente mano dell’uomo ha modellato le montagne quindi il giorno seguente all’alba ero in pista pronto per prendere l’autobus.

#road, #toSagad #road, #Sagada

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Lasciata di buon ora la città, non dopo una colazione da campioni, l’autobus di linea ha cominciato ad arrampicarsi lungo la Hanselma highway fino a toccare quota 2255 m. un lungo serpentone di asfalto che si inoltra nel cuore della cordigliera passando attraverso piccoli villaggi di contadini dalle case di bamboo, spesso dovevamo superare carretti stracarichi destinati a chissaquale mercato. Immense pinete che colpite dal primo calore mattutino si ricoprono di una sottile nebbia che turbina a valle trasportata dalla brezza montana che rendeva l’aria fresca carica dell’odore pulito delle foreste e della terra e così dopo sole 6 ore di autobus nel primo pomeriggio finlmente ero arrivato alla mia destinazione.

#road, #Sagada #mondoteo #road, #Sagada

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Appunti di viaggio: Vita da spiaggia e tipi da spiaggia.

Le giornate di Liw-Liwa passano come in una canzone dei Beach boys tra onde, sole e sabbia. In mare piccoli gruppi di surfisti seduti sulle loro tavole chiaccherano distrattamente mentre i loro sguardi inquieti scrutano i moti ondosi speranzosi di scorgere un’onda per celebrare quella comunione tra anima e mare mentre sul bagnasciuga le ragazze scoccavano i loro sorrisi più civettuoli ai ragazzi che si mettevano in mostra sfoderando tutte le loro abilità nella disciplina dello Skimboarding che consiste nel correre dal bagnasciuga verso l’onda di risacca che si forma a riva con la tavola gettarla in acqua e saltarci sopra per sfruttare l’onda come un vero e proprio tranpolino.

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#amoviaggiare, #surf, #wave

Tra tutti i ragazzi che vedevo sfrecciare verso l’acqua tavola in mano ce n’era uno che si produceva in evoluzioni che mi lasciavano sbalordito, la mia esperienza fantozziana di qualche giorno prima me lo faceva anche un pò invidiare, leggero come una farfalla si librava tra un’onda e l’altra. Quando chiesi alle mie compagne di viaggio se conoscevano quel “fenomeno” mi risposero che era Manoy il campione filippino di skimboarding che era appena tornato da dagli States dove aveva partecipato a delle gare e a degli eventi organizzati dal suo sponsor la Exile, ma lo zoccolo duro del suo tifo e maggiore sponsor del surfer rimaneva Liw-Liwa che porta orgogliosamente tatuata su un braccio. A Liw-Liwa non c’è nightlife, non ci sono fireshow o beach party si surfa fino a quando c’è luce la sera e si gode del bello che il mare ci offre sempre con lo sguardo perso a cercare la prossima onda che permetta a questi spiriti inquieti di librarsi sulla cresta dell’onda.

 

 

Neve, Leggende e homebrewing.

Anno nuovo……cotte nuove incomincio così questo nuovo appuntamento con il folletto della birra, la stagione scorsa avevo brassato circa una novantina di litri di birra che in questi mesi ha allietato le varie occasioni conviviali o serate intime in compagnia dei miei amati libri fantasy, adesso sono preso per i romanzi di Morgan Rice, insomma non sono mancate occasioni per stappare una buona birra. Di conseguenza la mia povera cantina sta cominciando ad assumere un’aspetto piuttosto desolato, così un pomeriggio di settimana scorsa ho messo a fermentare una trentina di litri di birra speciale aromatizzata con la mia ricetta segreta che chiamai Fiòca (neve in dialetto) che rispetto all’ultima volta che l’ho prodotta ha maturato appena 4 mesi quindi quando la stappai lo scorso anno la trovata buona ma risultava ancora troppo giovane, così tanto per non sbagliare ho anticipato la cotta. Ora la Fiòca gorgoglia felice e soddisfatta nella sua damigiana in cucina mentre fuori dal tepore di casa l’inverno ci fa conoscere i rigori di un febbraio siberiano.

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   #Brisino, #febbraiosiberiano

Questi sono i giorni della Giobia (si pronuncia con la O chiusa) che è un personaggio che anima le leggende pagane che si raccontavano ai bambini al caldo del focolare, è una strega ma molti la confondono con la più benevola e simpatica befana, la giobia infatti è brutta porta un cappellaccio e va ingiro senza scarpe ma indossa due pesanti calzettoni rossi. Si diceva che vivesse nel profondo dei boschi ed era considerata la signora dell’inverno percorreva enormi distanze con le sue lunghe gambe secche saltando di albero in albero e ovunque lei passava le piante si rattrapivano per il freddo gli animali morivano, i laghi gelavano ed i prati si ricoprivano di brina. La giobia era una golosona ma non sapeva cucinare e non poteva neanche accendere il fuoco in quanto il calore per lei era mortale come del resto il sole quindi si nutriva di bacche, animaletti e occasionalmente quando era particolarmente fortunata bambini che preferiva consumare crudi ma se riusciva a rubare del cibo cotto allora si che era festa grande. Andava letteralmente matta per il risotto alla luganega e per la polenta e odiava gli uomini ma provava maggior astio per le donne forse per una malcelata invidia per la gioia della famiglia, i figli e la calda accoglienza di un focolare. Di notte la Giobia usciva dal bosco ed entrava nelle case, anche se porte e finestre erano ben serrate riusciva a trovare una via per infilarsi od al massimo si calava dal camino una volta che il fuoco si era spento e bastava lasciarle sul tavolo in cucina un piatto con un poco di polenta o risotto che allora non si correvano rischi. 

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Man mano che l’inverno si accorcia e si avvicina la primavera la Giobia diventava più cattiva e pericolosa e le sue visite si facevano sempre più frequenti e se non era soddisfatta di quello che trovava erano guai seri, si narra che moltissimi anni fa in un paese intorno al lago vivesse una povera vedova che abitava con la figlia, una graziosa bambina, in una piccola casupola ai margini di un boschetto dove le due povere sfortunate riuscivano a stento a mettere insieme un pasto decente e molto spesso toccava loro la sfortuna di dover solo stringere la cintura a cena. La piccola spesso s’inoltrava nei boschi per raccogliere un po di legna e cercare qualcosa da mangiare anche se il freddo inverno non dava molta scelta, la madre sempre preoccupata per la figlia le raccomandava di scappare se avesse incontrato la strega, e di rientrare a casa prima del calare del sole dato che la vecchia malefica usciva solo la notte.

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Una sera la bambina perse la nozione del tempo distratta da delle nocciole che stava raccogliendo e malgrado tutte le raccomandazioni e precauzioni fu colta dalla Giobia che le si parò davanti e le disse: – Stasera verrò a farvi visita e se non troverò niente di buono tu verrai con me per farmi da dessert!!!

La bambina atterrita dal terrore corse a casa e raccontò tutto alla mamma che per proteggere la sua piccola cominciò a lasciare della polenta sul davanzale della finestra ogni notte, purtroppo però una sera la povera vedova si dimenticò la parte per la Giobia che arrivando dopo mezzanotte per avere la sua polenta non trovandola s’infuriò. La bambina che intanto si era svegliata si nascose sotto le sue coperte e con un filo di voce chiamava la mamma, ma la strega le aveva lanciato un incantesimo che l’aveva sprofondata in un sonno profondo, e nonostante le grida e le lacrime della figlia continuava a dormire pacificamente. Il mattino seguente quando la povera vedova si svegliò e cominciò a fare i piccoli mestieri quotidiani e la colazione fù pronta cominciò a chiamare la figlia ma non ricevette risposta, allora la richiamò…… ma nulla……fu allora che si ricordò della Giobia e subito ebbe un terribile presagio che fu confermato quando vide che il lettino della piccola era vuoto. Subito il suo pensiero corse alla dimenticanza della sera prima e disperata si gettò nel bosco alla ricerca della figlia, ma non la trovò c’erano solo gelo e silenzio. La notizia della malefatta della strega fece velocissimo il giro del paese creando paura e sgomento soprattutto tra le donne terrorizzate dall’idea che i loro tesori più preziosi fossero rapiti o peggio………Solo una mamma coraggiosa ebbe un’idea, che se avesse funzionato avrebbe risolto il problema, la sera preparò la cena per la sua famiglia ed in più un paiolo di risotto con la luganega che adagiò in un angolo del giardino che guardava ad est dove il sole del mattino arrivava presto. la Giobia, che quella notte aveva fatto razie in tutte le case, quando trovò il pesante paiolo ricolmo di delizioso risotto non resistette alla tentazione e cominciò a mangiarlo con buona lena non accorgendosi che alba oramai era prossima. Quando il primo raggio di sole rischiarò il nuovo giorno andò a colpire la strega alle spalle come una pugnalata, fù allora che si rese conto di essere stata gabbata e prima che riuscisse a scappare prese fuoco e con un grido di odio si accasciò e di lei non rimase che un piccolo mucchio di ceneri e stracci fumanti. Come per magia la vita cominciò a rifiorire nel villaggio, i fiori cominciavano e germogliare e i ghiacci si scioglievano e dal bosco ritornò la piccola figlia della vedova libera finalmente dall’incantesimo della strega che divenne un lontano ricordo.

Ecco qua un’altra piccola storia che racconta la mia zona, il mio lago e la mia Stresa, spero che vi sia piaciuta come a me è piaciuto raccontarvela, fuori fa freddo e sembra che la vecchia strega si stia vendicando del vecchio torto subito, ma io sono chiuso al caldo della mia casetta e tutto questo parlare mia ha messo sete quindi alla salute……prosit!!

#brisino, #neve, #freddopolare,#lagomaggiore 

 

 

  

 

 

 

 

 

Appunti di viaggio: Surfing Liw-Liwa

Liw-Liwa è un piccolo villaggio frazione della municipalità di San Felipe, composto da un pugno di case che si affacciano su una stradina sterrata che corre parallela alla lunghissima spiaggia di sabbia nera sulla quale s’infrange il mare della Cina del Sud. Da quello che ho visto questa comunità vive principalmente di pesca e agricoltura ma un nuova voce negli ultimi anni si è agginta alle entrate nell’economia del villaggio; il surf. Durante i week end l’ostello e altre due o tre guesthouse si popolano di appassionati di onde e con gli anni hanno formato una colorata e pacifica barangay, un posto semplice dal ritmo di vita lento che ruota attorno alla spiaggia.

#surf #Filippine #soleemare #soleemare #pinoy #surf #filippine

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La mattina dopo il nostro arrivo dopo colazione Jehan viene da me e mi comunica con un sorriso malizioso che mi aveva prenotato una tavola ed un istruttore per la mia prima lezione di surf, quando le domandai perchè sogghignasse tanto, temevo lo scherzo, lei mi ha spiegato che non rideva di me ma del mio istruttore che quando mi ha visto ha esclamato “Questo mi farà sanguinare il naso!!” che è un loro modo di dire per dire che gli avrei fatto sudare le proverbiali sette camicie e soprattutto la mia stazza non esattamente atletica avrebbe reso il tutto difficile e credetemi anche un pò grottesco. Io tutto quello che so sul surf l’ho acquisito dai film o da qualche serie televisiva come baywatch (quante diottrie perse dietro alla Pamelona Anderson!!) quindi ne so pari a zero ma le filippine hanno un rapporto speciale con il surf introdotto dai soldati americani che dal secondo conflitto mondiale fino a dopo il conflitto del Vietnam hanno avuto base a Subic bay da dove la cultura dell’onda si è dilagata. Le Filippine sono state anche teatro della mitica scena di Apocalipse now dove si vedono marines americani che cavalcano le onde sotto un fitto fuoco di artiglieria durante il conflitto del Vietnam e che termina con la celeberrima frase del colonnello Killgore, interpretato da un giovane Robert Duvall……Però ammetto che ho sempre trovato questo sport affascinante e mi ero ripromesso che se un giorno ne avessi avuta l’occasione di sicuro avrei provato e la possibilità eccomela servita su un bel piatto d’argento così senza curarmi della figura magra a cui stavo andando incontro mi sono messo la tavola sottobraccio e mi sono diretto verso la spiaggia cercando di darmi un aria da navigato surfista.

La prima cosa che mi sento di dire è che surfare è faticoso se sei digiuno di sport praticato, come lo sono io da tanto forse troppo tempo, a questa triste conclusione ci sono arrivato quasi subito nei primi minuti di lezione quando tra una flessione e l’altra, già sudato come un porco, cercavo di mettermi in piedi nella giusta posizione sulla tavola e non ero ancora entrato in acqua!!! Comunque dopo un pò di pratica sulla sabbia riuscivo a mettermi inpiedi decentemente quindi sono passato alla fase successiva entrare in acqua e misurarmi con onde mostruose alte poco più di un metro. Ora potrei raccontarvi che sono stato un vero fenomeno che ho fatto evoluzioni strabilianti ma la triste e dura verità è che ho fatto cagare, dopo un pò di tentativi ho perso il conto delle cadute imbarazzanti per la disperazione del mio povero istruttore che ha avuto una paziena da santo con me. Dopo un paio d’ore di tentativi alla fine sono riuscito a cavalcare la mia onda, una montagna di un metro per un totale di due secondi prima di rovinare tutto esultando e facendo l’ennesima caduta di fantozziana memoria ma posso dire che alla fine ce l’hò fatta!!!

#surf #pinoy #Philippines #soleemare 

E’ emozionante, devo ammettere, sentire l’onda che prende la tavola, la forza del mare sotto i piedi ti dà un senso di libertà e difficili da tradurre. Questa emozione la leggi nella luce che questi ragazzi hanno negli occhi quando frugano il mare in cerca di onde, per loro il surf non è semplicemente uno sport od un lavoro ma un vero e proprio stile di vita che lega indissolubilmente uomo e tavola che ti dona un senso di libertà che ti rapisce il cuore. Penso che proverò ancora a cavalcare le onde se ci sarà l’occasione magari quando sarò riuscito a mettermi qualche chilo alle spalle anzichè sul girovita, la mia lezione era terminata e dopo le dovute scuse al mio povero istruttore per avergli provocato imbarazzo ed una forte epistassi dal naso me ne sono andato a sdraiarmi al sole tutto claudicante.

 

 

Appunti di viaggio: Il sorriso delle Filippine

E’ sempre un problema cominciare un nuovo post di viaggio, sono qua a casa tranquillo con tutto quello di cui ho bisogno davanti e non mi viene da scrivere niente, vuoto totale, butto giù qualche riga poi quando le rileggo le cancello subito. Tutte le idee che fino a qualche minuto prima mi circolavano in testa…… sparite, eppure di cose da raccontare ce ne sarebbero. Sfoglio e risfoglio il mio taccuino per trovare un filo logico da seguire per raccontarvi questa storia e la meraviglia che più di una volta mi ha colto. Le filippine comunque sono una nazione che vive e sopravvive alle terribili calamità che regolarmente si abbattono sottoforma di tifoni, terremoti ed eruzioni vulcaniche. Lo Skyline di Manila che si staglia brillante nella notte il paradiso per pochi filippini privilegiati ma più sotto la povertà più nera fatta di bidonville di violenza, zone d’ombra dove l’inferno apre le sue porte per salire in terra, ma Manila è solo uno dei mille aspetti di questo arcipelago che vive di mille contradizioni, basta spostarsi dalla giungla di asfalto per trovarsi di nuovo in paradiso, una natura selvaggia e lussureggiante montagne mistiche e giungle impenetrabili baie isolate dove lo stress naufraga su spiaggie di fine sabbia bianca.On the road da Manila a Port Burton passando per le montagne di Sagada e ovunque io sia stato sono stato sempre accolto con cordialità ed un sorriso caldo che ancora oggi a quasi un mese dal mio ritorno mi fanno sembrare queste giornate fredde di quasi fine gennaio un pò meno freddo.

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Orti, leggende e homebrewing .

La primavera quest’anno sul lago è esplosa lesta, dopo un’inverno mite e molto piovoso, il grigiore abbandona i boschi per lasciare il posto a mille tonalità di verde l’aria si carica di profumi i prati si ricoprono di primule e pruni, peschi e ciliegi si ammantano di rosa pallido e rallegrano il cuore.

#primavera #mondoteo #LagoMaggiore #flower #primvera #LagoMaggiore

Come avevo già scritto nel finale del mio penultimo post la cantina piange ed è ora di scrollarsi di dosso la pigrizia e cimentarsi nella produzione, la prima cotta da 30 litri che ho scelto di produrre è una blanche in stile Bruxelles, l’anno scorso avevo prediletto birre scure dal carattere forte ma poco adatte alla calura estiva e soprattutto troppo generose per accompagnare le pietanze più leggere. Quindi una volta controllata e pulita l’attrezzatura e procuratami la materia prima sono andato a recuperare l’ingrediente principale ovvero l’acqua, così una mattina di buon ora caricate le taniche mi sono diretto alla Strula la fonte di Levo che si trova all’uscita del paese prima di immettersi sulla strada panoramica che si collega alla strada che porta a Gignese ed al Mottarone.

#mondoteo #water #LagoMaggiore

Dalla fonte si gode anche di una vista sul lago emozionante, mentre la tanica si riempiva mi sono acceso una sigaretta e ho incominciato a spaziare lo sguardo per quel panorama che conosco come le mie tasche ma che riesce comunque a emozionarmi come se fosse sempre la prima volta. Mentre sulle rive del lago ci si prepara ad accogliere stormi di turisti i grandi alberghi aprono i battenti e le corse dei battelli aumentano e i ritmi si fanno man mano più frenetici sulle colline si puliscono gli orti e si preparano le semine e i ritmi sono quelli imposti dal naturale evolversi delle stagioni.

#LagoMaggiore #Levo #orti

Rimanendo in questo quadretto bucolico c’è una vecchissima leggenda su Levo, una di quelle storie che i nonni raccontavano ai bimbi nelle lunghe serate invernali davanti al camino prima di mandarli a dormire e che oramai in pochi ricordano e che riporto come l’hanno raccontata a me……

Lungo la panoramica che collega Levo a Gignese si incontra una località chiamata Gatèe (tradotto dal dialetto significa più o meno luogo abitato dai gatti) si narra che in uno dei punti panoramici nei pressi di Levo Iddio abbia mandato un’invasione di gatti come flagello per punire i paesani che si erano resi colpevoli di peccati gravissimi. Il branco demoniaco uccideva per piacere e per nutrirsi ogni giorno più polli, conigli e agnellini che potevano. E come succede nei momenti bui la gente, danneggiata e soprattutto impaurita dalla ferocia da quella orda gattesca, ritrovò la fede assopita da anni di abbondanza e si rivolse al parroco per invocare l’aiuto divino per terminare quello che appariva un vero e proprio stermino e ridonare pace al paese. Il parroco che era considerato un sant’uomo a quel punto salì sul campanile che dominava la zona infestata e lanciò una sequela di esorcismi su quei gatti diabolici che stavano seminando miseria, questi colpiti dalla maledizione si riversarono fuori dal paese in un terreno elevato condannati a guardare perennemente il lago. Là senza acqua e nutrimento la torma felina perì liberando finalmente il paese che festeggiò cantando lodi al signore. Ancora oggi quella zona si chiama Gatèe e a quanto pare i gattini di paese non hanno il coraggio di avventurarcisi.

#Levo #LagoMaggiore #primavera #campanili

Raccolta l’acqua e ritornato nel mio laboratorio (la mia cucina) mi sono messo a brassare, come avevo detto prima la prima cotta dell’anno è una blanche ma come al mio solito mi sono dato alla sperimentazione, aggiungendo miele di agrumi e zenzero fresco sperando di non aver esagerato, comunque non penso che andrà sprecata anche perchè questa cotta è per innaffiare le libagioni che riempiranno la mia tavola nel giorno del mio compleanno a metà giugno!!  

Homebrewing, Boschi e meditazione.

E anche Ottobre sta volando via, l’ultimo mese devo ammettere che è stato molto “impegnativo” diviso tra boschi, lavoro e naturalmente la birra, dopo avere ribrassato la “Brisino”  e stoccata, quest’inverno avrò una cantina di tutto rispetto, mi sono dedicato un pò alla cerca dei funghi sfoderata la mia mimetica, residuato di un’ormai lontanissima naja, mi sono perso nell’atmosfera dei magnifici boschi che coprono la vallata sopra Stresa e che si estendono quasi alla cima del Mottarone dedicandomi a delle bellissime e rilassantissime passeggiate usando la vecchia fitta rete di sentieri che collegano i paesi. Volevo prendermi un’attimo di svago mentale prima di dedicarmi alla cotta della birra di natale della quale fino a quel momento avevo solo una vaga idea.

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Che cosa volevo ottenere da questa cotta? Che sensazioni volevo suscitare? Da dove partire? Nel cuore del bosco lontano da distrazioni e dal costante brusio della civiltà i pensieri si fanno forti e chiari e cominciai mentalmente ad appuntarmi quello che sicuramente volevo ottenere, volevo una birra dalla tempra forte da sorseggiare nelle freddissime notti lacustri a lume di candela, una birra che scaldi il cuore e che ti ricordi i profumi dell’estate. Ero finalmente sulla strada giusta era ora di cominciare a mettere insieme i pezzi e dare forma alla idea. Era giunto il momento di andare alla Bottega della birra per scegliere il malto adatto, mentre per la “Brisino” lo stile birrario che avevo scelto era prettamente british, questa cotta aveva bisogno uno stile dal carattere forte quindi ho ristretto il campo di ricerca ed alla fine mi sono ritrovato a dover scegliere tra una selezione di barley wine, scottish strong ale e le ale speziate belghe.

Alla fine dopo una lunga e snervante serie di cambi d’idea ho fatto la scelta più ovvia per i più, ho preso un malto della Brewferm in kit apposta per la birra di natale dal nome più che esplicito……Christmass………voi penserete come mai l’ho fatta così lunga, ma quando sono davanti allo scaffale dei malti mi vengono sempre un sacco di idee che è facile poi perdermi in un bicchiere d’acqua. Naturalmente dopo una così difficile scelta mi sono dovuto premiare con un paio di birre d’autore………

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Una volta deciso il malto ora dovevo lavorare sulle altre caratteristiche che volevo per questa birra per renderla più nostra, quindi come sempre me ne sono allegramente fregato delle linee guida date dal produttore e mi sono messo a sperimentare, perchè le birre di Brisino devono essere diverse da tutte le altre! Avendo ora il carattere forte dovevo lavorare sull’aroma, la scelta è stata piuttosto semplice avendolo già usato nelle cotte precedenti ottenendo ottimi risultati il miele avrebbe dato quell’aroma che avevo in mente e poi quà sul lago l’apicultura ha avuto sempre una posizione di tutto rispetto nell’antica quasi persa cultura contadina e i mieli di quà sono di ottima qualità e non sono industriali ed in più c’è un apicultore a meno di 6 km da casa mia quindi mi sono fatto un giro anche da lui.

Se la scelta del malto è stata travagliata quella per il miele partiva con dei canoni che avevo ben chiari. C’è un vento sul lago che i vecchi chiamavano Rampolina che scendeva dal Mottarone incanalandosi nella stretta vallata tra Baveno e Stresa e che si alza alla sera verso il tramonto e porta a valle i profumi della montagna. D’estate di notte dopo i temporali porta a valle il profumo dolce delle robinie in fiore e dei boschi ed è un profumo, per me, sa di casa. Con quella sensazione ben vivida ho assagiato un pò di mieli e la scelta è caduta sulla melata di bosco che si armonizzava con il malto in maniera sublime. Non restava altro che buttare il paiolo sul fuoco e darle vita, e come al solito ho aspettato che fosse notte e poi mi sono messo all’opera accompagnato da dell’ottimo power metal come sottofondo musicale. Per darle un tocco di natalizio ho aggiunto: cannella, chiodi di garofano, scorze di arancio e limone. Alla fine il gusto del mosto era dolce ma ben bilanciato tra malto e miele e le spezie spezzavano dando una piacevole diversione al dolce……un conto è il mosto vedremo poi dopo la fermentazione se ci ho visto giusto o meno.

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Nel tempo che la ragazza fermentava sotto il mio più stretto controllo nella mia camera da letto, dato che ero rimasto senza niente da fare mi sono ributtato tra i boschi alla ricerca di funghi “………vuoi da seccare o da mangiare, da farci il sugo quando viene natale………” come diceva deGregori nella sua celeberrima canzone. Le giornate intanto si fanno sempre più corte e le serate sempre più fredde l’autunno esplode con una serie di temporali che hanno spazzato via gli ultimi tepori e così dopo una umidissima giornata, dopo una bella doccia bollente, mentre pulivo il bottino del giorno mi sono gustato una “Ürchitt” che dopo un affinamento di 5 mesi era perfetta!! Questa volta però mi sono gustato appieno il frutto di tanta fatica ed ha accompagnato i ricchissimi risotti che io ed i miei soci ci siamo scafanati in una serie di cenette da paura.

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Durante una di queste cenette che rasentavano, e tuttora rasentano, veri e propri gozzovigli con tanto di rutto libero di fantozziana memoria, tra le mille allegre minchiate che si sprecavano una unica e stranamente intelligente domanda mi ha messo un pò in crisi……come chiamiamo questa birra?

Giusto come chiamarla……avevo già un’idea per l’etichetta ma al nome non ci avevo proprio pensato, una birra per Natale……cibo ipercalorico……freddo……neve……poi Tac……poi un giorno mentre discorrevo “amabilmente”, con un linguaggio tipicamente “forbito” da becero bar dello sport, di calcio con un amico questo mi guarda e mi dice esasperato in dialetto “ti ze propri v’ün imbalsamà da la fio’ca” ed ecco che il dialetto arrivava al nocciolo della questione; la fio’ca ovvero le neve, ho sentito di nuovo il demone dell’arte impossessarsi di me e appena tornato a casa tirati fuori i penarelli mi sono messo all’opera ed ecco il risultato…..

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La foto non gli rende giustizia probabilmente ma io la trovo molto spiritosa, intanto ottobre è quasi finito e la Fio’ca riposa in cantina, io tengo le dita incrociate e intanto aspetto Babbo Natale con ansia!

 

 

 

Appunti di viaggio: Couchsurfing in Chiang Mai

Sono un viaggiatore squattrinato e spesso per risparmiare e mantenere un budget di viaggio sottocontrollo mi affido al sito di Couchsurfing, e questa volta la fortuna mi ha portato a casa della piccola Joy e della sua famiglia nella quale mi sono subito sentito a mio agio così pieni di di calore e cortesia da farmi sentire come uno di loro. Joy universitaria dallo sguardo vispo ed il sorriso dolce mi ha accompagnato per tutti i miei giri, suo fratello un giovane rocker con il sogno di fare musica e la loro madre una signora dolcissima dalla quale sicuramente Joy ha ereditato sicuramente il suo sorriso.

Quando Joy non poteva accompagnarmi nei miei giri c’era sempre qualcuno pronto a rispondere ad ogni mia domanda, la giornata che ho trascorso con la madre di Joy è stata di sicuro la più interessante ma anche la più impegnativa, ci tenevo comunque a lasciare una buona impressione su questa signora. La giornata è cominciata a pranzo in un ristorantino fuori mano evidentemente frequentato da famiglie e gente del posto; mi sono lasciato tentare dalla cucina casalinga del nord cominciando con una noodle soup agropiccante veramente ottima per poi continuare con un’insalata di papaya con granchio fermentato ed accompagnato dall’immancabile sticky rice che serve a smorzare l’esplosione di sapori che si ha in bocca dopo il primo assaggio!! Ma è talmente gustosa che vi assicuro che il fatto che è fottutamente piccante passa in secondo piano. Il pranzo è stato molto piacevole e la mia ospite sembrava compiaciuta del fatto che mangiavo di gusto e nonostante che parlasse poco in inglese ci si intendeva gesticolando parecchio e poi penso di essermi quasi sempre fatto capire! Terminato l’ottimo pranzo era ora di cominciare il nostro tour che è partito dal Museo nazionale di Chiang Mai che per nostra enorme sfortuna era per metà chiuso per restauro e di quello che ho potuto vedere il pezzo che mi ha più colpito era un’antica maglia di lino,parte del corredo di un guerriero, con sopra disegnate svariate formule “magiche” che secondo la targhetta delle spiegazioni avrebbe dovuto fornire protezione in battaglia un pò come un’armatura ma dall’evidente sbrego che attraversava il capo di lino all’altezza del costato non dovevano funzionare un gran chè. L’altro pezzo interessante che ha attirato la mia attenzione è stato un’antico strumento per fare tatuaggi, oggi il tatoo tradizionale thai l puoi fare un pò dappertutto poi quando Angelina Jolie ne ha esibito uno nel film Wanted è quasi diventato una moda, ma questo genere di lavoro non ha solo una funzione decoratiava, guardandolo di sfuggita può sembrare solo un’intreccio di linee verticali ed orizzontali ma ad uno sguardo più profondo vi accorgerete che che sono un dedalo di linee e formule che vengono tracciate ad personam e non ne esiste uno uguale all’altro ed è praticato solo dai monaci che durante la seduta pregano e caricano di energie positive il tatuaggio sicchè da proteggerti e quando questa protezione viene meno basta bussare ad un convento per una “ricarica” veloce. In Thailandia è molto facile farsi tatuare con il bamboo ma è difficile trovare un monaco disposto a farlo.

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Il pomeriggio poi è proseguito con la visita al Baan Roi An Phang Yang un piccolo museo creato da Mr Ajarn Charuai Na Sunthorn che secondo me contiene la vera anima della cultura Lan na immortalata nelle sculture lignee che questo personaggio ha raccolto e prodotto negli anni,essendo lui stesso maestro nell’arte dell’intaglio, per preservarli come testimonianza alle generazioni future di un’arte manuale che sta andando persa schiacciata dalla industria che all’opera paziente di un mastro artigiano si contrappone con prodotti senz’anima creati dalla fredda precisione di una macchina e dalla logica di un mercato che crea più prodotti di quelli realmente indispensabili. Il lavoro di Mr Ajarn è arrivata perfino alla corte di Bangkok tanto che la Sua Maestà la Regina rimase colpita dalla bellezza del museo durante una visita ufficiale, ciononostante il museo si autofinanzia e si mantiene facendo pagare un piccolo ingresso e vendendo alcuni prodotti da artigiani locali senza alcun sussidio statale, ma andarci secondo me vale la pena, purtroppo non hanno una guida che parla inglese e la mia ospite per quanto fosse di una cortesia impareggiabile non poteva stare dietro alle migliaia di domande ed osservazioni che mi ronzavano in testa.

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Suddiviso in diversi livelli comincierete un viaggio onirico nel mondo orientale ogni statua sembra poter prendere vita da un momento all’altro, figure mitologiche come garuda o sirene, scene tratte dal poema epico Ramayana riprodotte su tronchi d’albero talmente finemente che più ci si avvicina all’opera si scopre un nuovo particolare ed ogni personaggio di per sè è un capolavoro di precisione e cura e nel suo complesso rende l’opera strabiliante.

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Di sala in sala passo dopo passo mi perdevo nell’atmosfera di questo museo fino quando mi guardo avanti e vedo lei, la ragazza con l’elefante questa statua era posizionata davanti ad un finestrone illuminato dalla calda luce del sole pomeridiano e contoluce le sensuali forme della ragazza abbandonata in un abbraccio alla testa di un enorme elefante mi ha colpito come un fulmine e me ne sono subito innamorato, il cuore mi pulsava come un martello pneumatico mentre la bocca mi si asciugava, il viso dai lineamenti delicati era incorniciato da una ghirlanda di fiori finemente cesellati le labbra voluttuose che accennano un sorriso che esprimevano serenità pace nell’unione con l’elefante che rappresenta la forza e la calma, entrambi fermi ed immobili come se da un’istante all’altro un respiro o un leggero movimento potesse animare questa opera, un pò come Michelangelo che difronte al suo David esclamò “E pur mi sembra vivo”.

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Forse le foto non le rendono giustizia ma provavo una voglia irresistibile di toccarla quindi proseguii il giro e lasciandomi incantare da altre mirabili opere!

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Questo fantastico viaggio all’interno di questa galleria mi ha portato al Dhamma Satharn ovvero il santuario del Dhamma un’area della galleria che riproduce un tempio nella foresta che viene aperta gratuitamente a chi viene a praticare ed a promuovere la parola del Buddha.

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Il santuario è l’ultimo ambiente di questo museo che mi ha incantato, una collezione strabiliante che ti racconta senza parole molto se non tutto della cultura e tradizione Lanna ed uscendo la voglia di rifare il giro era tanta, prendersi la briga di arrivare fino a questo museo verrà ripagato. A questo punto pensavo che la giornata volgesse al termine ero stato bene ma la mamma di Joy aveva altri piani, ho ricevuto un invito a cena ad un ristorante tipico e dopo una sosta a casa per rinfrescarci ci siamo preparati per andare a cena. Pensavo a qualcosa di informale magari al Night bazar invece la serata che mi si prospettava era di tono totalmente diverso………

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C’era un tavolo prenotato ad uno dei ristoranti del Grand Oriental Mandarin Hotel (foto) a nostro nome, da qua in poi ho cominciato a sentirmi a disagio, ero vestito come un barbone e stavo entrando in luogo dove si richiedeva un minimo di etichetta……ed io che mi sarei accontentato di una pad thai cucinata a bordo strada ho cominciato a vergognarmi quando intorno al nostro tavolo cominciavano a ronzare camerieri in livrea, io di solito in posti del genere ci lavoro e verso i miei colleghi asiatici provavo una sorta di senso di colpa misto a solidarietà ma non potevo indispettire la mia ospite quindi ho indossato uno dei miei sorrisi d’ordinanza più convincienti ma qualcosa deve essere trapelato quando ho aperto il menù e guardato i prezzi e sono paurosamente sbiancato perchè la mia ospite si è premurata di rassicurarmi che non avrei dovuto preoccuparmi di niente che offriva lei (meno male!!) quindi cercai di ricompormi e godere di quel banchetto composto da piatti tradizionali che comprendevano svariati tipi di zuppe, curry piccantissimi e l’immancabile tom som thai l’insalata di papaya che io tanto adoro. La cena è stata a dirpoco superlativa tutto era perfetto ed il servizio curato e discreto (che altro aspettarsi da un posto di questo calibro!) ma comunque ribadisco il mio amore per la trattoria ed il cibo da strada si sposa meglio con il mio carattere!! Anche se……ho provato nel intimo più profondo un certo piacere sadico nel farmi servire……

Questa giornata la ricorderò per molto tempo, mi sono speso in lunghissimi ringraziamenti nei confronti di Joy e la sua famiglia mi hanno fatto sentire in famiglia e non finirò mai di ringraziarli per la cortesia e la gentilezza che hanno avuto nei miei confronti e magari chissà magari un giorno troverò una qualsiasi scusa per tornare a trovarli.