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Appunti di viaggio: Colori e profumi, il mercato di Sagada.

Una notte mentre dormivo il sonno dei giusti, nella strada sotto la mia finestra rumori e schiamazzi mi strappavano dal caldo abbraccio di morfeo con mio gran disappunto vista l’ora, circa le quattro del mattino, mi sono ritrovato a smoccolare sacramenti. Il cielo era ancora scuro e puntato di stelle da est a ovest segno che l’alba era ancora lontana, ma in strada c’era già frenesia sembrava un formicaio di contadini che si affrettavano ad accaparrarsi le posizioni migliori per esporre e vendere le proprie merci……visto che niente avrei potuto per fermare questo casino mi ributtai a letto cercando d’ignorare il gran caos che regnava fuori. Quando, qualche ora più in là, mi riaffacciai alla finestra il mercato era in pieno svolgimento………

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Le voci dei venditori si mescolavano a quelle degli acquirenti, un microcosmo di colori dove tra una contrattazione e l’altra la gente si fermava per uno spuntino od una semplice chiaccherata. Armato della mia macchina fotografica mi sono tuffato in questo microcosmo assaggiando e odorando manghi dal profumo dolce ed intenso, mele piccole e dalla buccia rosa dalla polpa succosa senza contare noci di cocco ed enormi caschi platani e banane. Verdure e legumi di ogni taglia e colore aglio, cipolle e zenzero appena strappati dal ricco suolo e fagioli cornetti lunghissimi deliziosi e croccanti anche consumati crudi e mille altre varietà.

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In tutti i miei viaggi non ho mai mancato di visitare i mercati, dalla Thailandia alla Jamaica non c’è niente di più bello e colorato, ed il mercato di Sagada non è da meno l’ho trovato evocativo e soprattutto genuino e per dirla con una parola molto in voga molto slow food. In mezzo a questo caleidoscopio di persone mi sembra di tornare indietro nel tempo quando ero un bimbetto perennemente appresso alla gonna della nonna che girava annusando tastando scrupolosamente la frutta e la verdura che poi sarebbe finita sulla tavola nei meravigliosi pasti che quella santa donna preparava per una truppa di nipotini scalmanati e costantemente affamati come lupi. Se chiudo gli occhi mi pare ancora di scorgerla nella sua cucina indaffarata e di sentire  ancora il profumo di cose buone, quel profumo che sa di casa se capite cosa intendo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Appunti di viaggio: On the road to Sagada.

La piccola vacanza delle mie guide era giunta al termine, Jehan e Claudyl dovevano ritornare nella city per riprendere la loro quotidianità, non finirò mai di ringraziarle per la disponibilità e la amicizia disinteressata che mi hanno mostrato introducendomi in questa nuova avventura che anche se cominciata da poco mi aveva già regalato tante emozioni. Separate le nostre strade ero di nuovo solo, ho passato ancora un paio di giorni a bighellonare in spiaggia prima di trovare la voglia di rimettermi in strada e cambiare panorama. Davanti a me si snodava un lungo percorso che seguiva la costa della provincia di Zambales, attraversava la provincia di Pangasinan per entrare nella provincia di Benguet e fare tappa nella città di Baguio, la porta d’accesso alle provincie montane.

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Se programmate un viaggio nelle Filippine mettete in conto di passare tanto tempo in autobus, che rimane il mezzo più affidabile per raggiungere tutte le destinazioni, presa con pazienza e con parecchia filosofia può alla fine risultare anche piacevole. Dal mare alla montagna con lo sguardo puntato fuori dal finestrino cercando di cogliere immagini e profumi dai villaggi dei pescatori in riva al mare che lasciavano posto alle immense distese di risaie, piantagioni lussureggianti di mango banane e cocco, qua e la qualche vacca e qualche bufalo pascolano pigramente mentre la strada comincia a salire prima colline montagne fino a Baguio dove sono arrivato che oramai era notte, stanco dalla lunga giornata mi sono trovato un piccolo rifugio non avavo un gran interesse nel cimentarmi nella visita della città nonostante che Baguio viene considerata il punto d’incontro tra la cultura delle basse Filippine e la cultura animista delle tribes che ancora vivono a nord. Avevo voglia di perdermi nelle foreste e ammirare quelle vallate dove la paziente mano dell’uomo ha modellato le montagne quindi il giorno seguente all’alba ero in pista pronto per prendere l’autobus.

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Lasciata di buon ora la città, non dopo una colazione da campioni, l’autobus di linea ha cominciato ad arrampicarsi lungo la Hanselma highway fino a toccare quota 2255 m. un lungo serpentone di asfalto che si inoltra nel cuore della cordigliera passando attraverso piccoli villaggi di contadini dalle case di bamboo, spesso dovevamo superare carretti stracarichi destinati a chissaquale mercato. Immense pinete che colpite dal primo calore mattutino si ricoprono di una sottile nebbia che turbina a valle trasportata dalla brezza montana che rendeva l’aria fresca carica dell’odore pulito delle foreste e della terra e così dopo sole 6 ore di autobus nel primo pomeriggio finlmente ero arrivato alla mia destinazione.

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Appunti di viaggio: Vita da spiaggia e tipi da spiaggia.

Le giornate di Liw-Liwa passano come in una canzone dei Beach boys tra onde, sole e sabbia. In mare piccoli gruppi di surfisti seduti sulle loro tavole chiaccherano distrattamente mentre i loro sguardi inquieti scrutano i moti ondosi speranzosi di scorgere un’onda per celebrare quella comunione tra anima e mare mentre sul bagnasciuga le ragazze scoccavano i loro sorrisi più civettuoli ai ragazzi che si mettevano in mostra sfoderando tutte le loro abilità nella disciplina dello Skimboarding che consiste nel correre dal bagnasciuga verso l’onda di risacca che si forma a riva con la tavola gettarla in acqua e saltarci sopra per sfruttare l’onda come un vero e proprio tranpolino.

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Tra tutti i ragazzi che vedevo sfrecciare verso l’acqua tavola in mano ce n’era uno che si produceva in evoluzioni che mi lasciavano sbalordito, la mia esperienza fantozziana di qualche giorno prima me lo faceva anche un pò invidiare, leggero come una farfalla si librava tra un’onda e l’altra. Quando chiesi alle mie compagne di viaggio se conoscevano quel “fenomeno” mi risposero che era Manoy il campione filippino di skimboarding che era appena tornato da dagli States dove aveva partecipato a delle gare e a degli eventi organizzati dal suo sponsor la Exile, ma lo zoccolo duro del suo tifo e maggiore sponsor del surfer rimaneva Liw-Liwa che porta orgogliosamente tatuata su un braccio. A Liw-Liwa non c’è nightlife, non ci sono fireshow o beach party si surfa fino a quando c’è luce la sera e si gode del bello che il mare ci offre sempre con lo sguardo perso a cercare la prossima onda che permetta a questi spiriti inquieti di librarsi sulla cresta dell’onda.

 

 

Appunti di viaggio: Esplorando Zambales.

Dopo quasi venti ore di viaggio ingiro per aeroporti atterro felicemente in quel di Manila alle undici di sera, effettuati i controlli doganali di rito mi sono diretto all’uscita del terminal dove ad attendermi c’era Jehan, una ragazza filippina che conobbi tramite un post su Couchsurfing in Cambogia quando visitai Angkor e quando le comunicai che avrei visitato le Filippine si è offerta come guida turistica. Approfittando del fatto che io arrivavo esattamente di venerdì sera lei era riuscita ad organizzare un week end lungo senza dovermi preoccupare dei particolari, unici indizi che mi aveva fornito erano: surf e barbeque quindi dopo un pit stop per una doccia veloce ed una penichella, giusto per recuperare un pò di forze, abbiamo caricato i bagagli e Claudyl, un’amica di Jehan che si è unita alla nostra escursione e nel cuore della notte ci siamo messi in viaggio.

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Ero elettrizzato, viaggiare di notte verso una destinazione ignota mi faceva sentire come un bambino, siccome ero seduto al posto del navigatore mi sono prodotto in un serratissimo interrogatorio anche per tenere compagnia a Jehan che era la driver della spedizione. All’alba abbiamo attraversato Subic bay e dopo una sosta per farmi un caffè una sigaretta e soprattutto quattro passi, cominciavo a sentire le piaghe da decubito alle chiappe dopo tante ore seduto. A mattina inoltrata finalmente eravamo arrivati a San Antonio, dove ci siamo recati al mercato cittadino e abbiamo fatto scorte per la giornata, un tonno fresco e tutto l’occorrente per un bel pick nick alla modica cifra di 5 euri, già avevo l’acquolina!! Fatti tutti gli acquisti ci siamo incontrati con la nostra guida che ci avrebbe portato fino alle Capones Islands. Ripartiti da San Antonio abbiamo preso la strada che porta al villaggio di Pindaquit dove una bangka ci attendeva per salpare. Non potevo essere più fortunato ero atterrato da meno di 12 ore e già avevo i piedi affondati nella sabbia in una giornata splendida giornata di sole. Acque color zaffiro si aprivano alla passaggio della prua del bangka che avanzando borbottando pigramente tra le onde alzate dalla fresca brezza mattutina, il sole splendeva gagliardo in un cielo terso sgombro di nuvole, guardando in mare sembrava che i raggi solari si tuffassero per poi sciogliersi in nuvole d’orate man mano che s’inabissavano ma forse era il jet lag che cominciava a chiedere il conto ma non ci badavo perchè ero persuaso da l’energia incredibile che mi dava ‘osservare la bellezza selvaggia di quella costa che sembrava vergine ed inesplorata.

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Siamo approdati alla prima isola dopo circa venti minuti di traversata e finalmente ho potuto fare il primo bagno delle vacanze e godere di una sosta dove mi sono steso ed ho sentito il calore della sabbia sulla schiena, felice finalmente di sentirmi libero e leggero, ma purtroppo la nostra tabella di marcia non faceva sconti quindi abbiamo risalpato le ancore per l’isola del faro dove siamo approdati, qualche minuto più tardi, su una spiaggia che sembrava un vero e proprio cimitero d’infradito spaiati probabilmente strappati dalla risacca ai turisti che non si sono mai presi la briga di recuperarli. Seguendo un sentiero si arriva al centro dell’isola dove si trova il complesso che inaugurato nel 1890 ancora oggi svolge il suo dovere di avvetimento per i naviganti, anche se la casa del guardiano giace in stato di totale abbandono, la lanterna comunque è alimentata da un generatore a celle solari ed è connessa alla guardia costiera in tempo reale che in caso di malfunzionamento possono intervenire prontamente. Dietro alla casa del custode si erge la torre alla quale si accede tramite una porticina aperta dalla quale si alza una vecchia e pesante scala a chiocciola in ferro battuto che non ha mancato di regalarmi qualche sudore freddo, più si sale più ci si rende conto che quella scala consumata dal tempo e dalla salsedine traballa……… ma la vista che si apre agli occhi una volta arrivati in cima ripaga dei piccoli brividi.

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 Ridendo e scherzando si era fatta una certa ora ed il mio stomaco cominciava a brontolare, l’ultimo pasto l’avevo fatto in aereo e così abbiamo fatto rotta per Nagsasa Cove,  baietta della quale mi sono subito innamorato, una lunga lingua di sabbia bianca arroventata dal sole di mezzogiorno incorniciata da due scogliere che si ergono alle due estremità, dietro la spiaggia una lussureggiante pineta che prometteva una deliziosa frescura nelle ore più opprimenti della giornata. Durante il week end è frequentato da famiglie che vanno li e semplicemente piantano le tende si rilassano al fresco e cominciano a grigliare e fare festa senza comunque rovinare l’atmosfera di quiete e rilassatezza. Piantato il nostro piccolo accampamento ho lasciato che le ragazze si  occupassero del pranzo, grato del fatto di non dover essere io come al solito ad occuparmi di tutto mi sono rilassato un pò godendomi un pò di frescura sotto la pineta e curiosando un poco in giro cosa cuoceva sugli altri barbeque, posso assicurarvi che i profumi che si alzavano nelle varie cucine da campo erano più che stuzzicanti!! Quando poi finalmente era tutto pronto ci siamo buttati con appetito letteralmente sbranando il pesce con tutti gli intingoli deliziosi che le ragazze avevano organizzato facendogli l’onore che meritavano. Rinfrancato dal pasto era ora di tornare a Pindaquit per riprendere la strada e risaliti sulla bagka mi sono perso nel panorama fantastico di quel primo intenso giorno di viaggio, che non era ancora terminato, dovevamo coprire ancora un pugno di km destinazione Liw-Liwa per godere del tramonto e di un meritato riposo perchè finalmente stanchezza e jet lag mi avevano raggiunto.

 

 

 

 

Appunti di viaggio: Il sorriso delle Filippine

E’ sempre un problema cominciare un nuovo post di viaggio, sono qua a casa tranquillo con tutto quello di cui ho bisogno davanti e non mi viene da scrivere niente, vuoto totale, butto giù qualche riga poi quando le rileggo le cancello subito. Tutte le idee che fino a qualche minuto prima mi circolavano in testa…… sparite, eppure di cose da raccontare ce ne sarebbero. Sfoglio e risfoglio il mio taccuino per trovare un filo logico da seguire per raccontarvi questa storia e la meraviglia che più di una volta mi ha colto. Le filippine comunque sono una nazione che vive e sopravvive alle terribili calamità che regolarmente si abbattono sottoforma di tifoni, terremoti ed eruzioni vulcaniche. Lo Skyline di Manila che si staglia brillante nella notte il paradiso per pochi filippini privilegiati ma più sotto la povertà più nera fatta di bidonville di violenza, zone d’ombra dove l’inferno apre le sue porte per salire in terra, ma Manila è solo uno dei mille aspetti di questo arcipelago che vive di mille contradizioni, basta spostarsi dalla giungla di asfalto per trovarsi di nuovo in paradiso, una natura selvaggia e lussureggiante montagne mistiche e giungle impenetrabili baie isolate dove lo stress naufraga su spiaggie di fine sabbia bianca.On the road da Manila a Port Burton passando per le montagne di Sagada e ovunque io sia stato sono stato sempre accolto con cordialità ed un sorriso caldo che ancora oggi a quasi un mese dal mio ritorno mi fanno sembrare queste giornate fredde di quasi fine gennaio un pò meno freddo.

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